Lovecraft profeta di una nuova era?

Non sono mai stato un amante delle riletture eppure, sempre più spesso, mi sto ricredendo su quanto siano utili.
Per non pensare troppo all’intenso periodo che sto attraversando mi sto dilettando con la rilettura dei Miti di Cthulhu, del grande scrittore Howard Phillips Lovecraft.
Tornare di nuovo su questi racconti oscuri, intrisi di pessimismo eppure, allo stesso tempo, di una meraviglia macabra, che sembra quasi il frutto di una visione andata a male di un fumatore d’oppio, è un’esperienza che arricchisce e ridefinisce il mondo immaginario del lettore, lo amplia e permette di cogliere sfumature prima non apprezzate.
Lessi per la prima volta l’opera omnia di Lovecraft quasi una decina di anni fa e ne rimasi folgorato eppure, a causa soprattutto del cannibalismo letterario che mi colse, molte cose le ho dimenticate e vedere riaffiorare certi dettagli è impagabile.

Il ricco mondo immaginario di HPL è vasto quanto l’Universo e anzi, va decisamente oltre, affiancando alla realtà materiale e tangibile quella del mondo dei sogni che fanno parte del ciclo che ha come protagonista Randolph Carter.
Eppure è proprio nei miti di Cthulhu, intrisi dell’orrore della mente e della carne interdimensionale che si arriva, a mio parere, all’apice dell’immaginario lovecraftiano.
Parlando spesso di dei, in questo forum, a proposito di diversi ambiti, abbiamo sempre sottolineato come ognuno di loro fosse, praticamente, un concentrato della natura umana in un determinato ambito, una singola sfaccettatura di un solito complesso e archetipo che racchiude e abbraccia totalmente l’umana natura.
Lovecraft fa un balzo in avanti, rompe questa regola e, con un colpo al cuore distrugge la mitologia antica, ridefinendo una mitologia moderna e attuale, in grado di rappresentare un culto vero e proprio, nel cuore di molti appassionati.
Ecco quindi che gli dei di Lovecraft sono gli Other Gods, divinità esterne a noi, inumane (quando invece i nostri antichi dei sono umanissimi), hanno natura aliena e alienante, in quanto conoscerli significa corrompere la propria essenza di essere umano.
Non esiste bontà nelle fredde profondità del cosmo.
Esiste solo l’indifferenza di esseri inconcepibili, animati da qualcosa di sfuggente e incomprensibile, che risiedono nei loro troni stellari nelle profondità siderali a noi lontane eppure, drammaticamente, estremamente vicine.
Nella mitologia lovecraftiana la razza umana non ha nessun ruolo, se non quella di spettatrice nei piani inafferrabili e contorti degli dei, eppure, nonostante l’enorme differenza, alcuni mortali evocano gli dei, chiamano il nome dei Grandi Antichi, di cui Cthulhu è sicuramente il più famoso, usano il potere nero delle stelle per servirli e riportarli su questa dimensione.

L’attualità dell’orrore lovecraftiano non è quindi solo cosmico, sebbene questo sia il tema principale, ma è anche insito nella paura dell’ignoto e del vicino sconosciuto.
I feroci, ed esotici, cultisti arricchiscono ulteriormente il mondo fatto di scettici e studiosi che popola i racconti lovecraftiani.
Sono il riflesso oscuro della razionalità umana e, anzi, simboleggiano l’abnegazione con cui si accetta il proprio ruolo nell’ordine (in)naturale delle cose, abbracciando una spietata natura che non ha nessun interesse in quelli che sono i suoi più insignificanti figli.
La mitologia lovecraftiana quindi pone al centro di tutto anziché l’uomo, un sistema di forze sconosciute e immonde che l’umanità accetta passivamente.
Ed è proprio in questo che sta la modernità dei miti di Cthulhu: il mondo in cui viviamo, difatti, non è più a misura d’uomo ma è a misura di qualcosa di diverso e decisamente innaturale.
L’essere umano, in questo oscuro periodo, non è più il protagonista della sua esistenza, ma diventa un ingranaggio di una società sorda ai bisogni dell’individuo e stupida, nelle sue infernali contraddizioni, che può essere ben rappresentata da Azathoth, il demone sultano , placato dal continuo concerto di flautisti demoniaci.
L’universo stesso si dice sia un sogno del dio dormiente e svegliarlo potrebbe significare la distruzione di tutte le cose.
Nella nostra era della comunicazione, inoltre, assume estrema importanza proprio Nyarlathothep, il caos strisciante, emissario di Azathoth e capace di corrompere con la parola e con le terrificanti immagini che evoca.
Social Network, pubblicità, consumismo, sono tutti concetti simbolici legati all’emissario oscuro, che modificano noi stessi facendoci diventare pallidi riflessi della vera natura umana.
Internet e i vari twitter, facebook e via dicendo, sono diventati il crogiolo di una nuova Babele virtuale, in cui la lingua si corrompe e si imbastardisce, e gli utenti anziché comunicare semplicemente ostentano: mercificano sé stessi, la loro vita e le loro emozioni, odiano gli altri con estrema facilità, si nascondono dietro i labirinti virtuali, urlano i loro pensieri senza ascoltare gli altri, in modo tale che i pensieri veramente importanti sono oscurati e traditi dall’eterna confusione del rumore di fondo dell’imbecillità umana.
Questa era, vedendola con gli occhi di Lovecraft, è indubbiamente l’era in cui Nyarlathothep regna incontrastato e insinua il caos nelle sempre più alienate menti umane.
Tutto ha un prezzo in questo mondo, persino la conoscenza vera, difficile da scovare in quanto sommersa da menzogne.
Nel corpus lovecraftiano è Yog-Sothoth, il dio della conoscenza e Kenneth Grant, discepolo tra l’altro di Aleister Crowley e curatore di un’ottima edizione di  Magick, interpreta il dio esterno come una rappresentazione divina del Qliphoth, la rappresentazione delle forze oscure nel misticismo cabalistico che è il gemello del ben più conosciuto Albero della Vita.
Qliphoth è “il mondo sotterraneo delle forze caotiche e demoniache che è necessario vincere prima di poter praticare la magia” appare ovvio che, nella nostra epoca povera di spiritualità, la magia intesa come via di liberazione non solo è ostacolata e poco conosciuta ma è anche derisa e presa per quello che non è.
Infine Cthulhu, sacerdote dei Grandi Antichi, esseri depravati e decadenti simboleggia perfettamente l’anti istinto per eccellenza, ovvero quello dell’autodistruzione.
Nel Richiamo di Cthulhu, vero e proprio caposaldo dei miti, è scritto che i Grandi Antichi torneranno per insegnare agli uomini nuove bestemmie, nuovi piaceri e nuovi modi di uccidere.
Porteranno quindi, nel mondo di finzione di Lovecraft, una nuova era di decadenza e morte, piaceri carnali mostruosi e la morte di ogni moralismo.
E’ bene ricordare la natura estremamente conservatrice di Lovecraft, il suo attaccamento a valori ormai caduti in disuso, e l’importanza che dava all’integrità umana.

L’ultimo grande orrore evocato dagli scritti di Lovecraft, con cui anche oggi combattiamo, è probabilmente la globalizzazione.
In questo Lovecraft non è proprio da considerare un “profeta”, in quanto negli Stati Uniti, a causa dei forti flussi migratori, si ebbe da subito la condivisione degli stessi spazi tra etnie diverse e, probabilmente, incapaci di capirsi.
I denigratori di Lovecraft (poveri miserabili) spesso affermano che lo scrittore era razzista, incapaci di aprire la loro mente e includere il contesto storico in cui viveva Lovecraft.
La paura per il diverso di Lovecraft non derivava tanto dall’atteggiamento razzista, piuttosto comune all’epoca, ma dalla paura che il suo mondo di valori, idee e pensieri potesse essere messo in discussione e crollare nel confronto con culture diverse che, ai suoi occhi, erano barbariche.
Ecco quindi che gli stranieri sono descritti come mostruosi (una mostruosità estetica che riflette quella interiore) e, spesso, custodi di antichi segreti innominabili.

Lovecraft, in conclusione, non è solo un grande autore di storie immortali, ma, volente o nolente, è stato in grado di anticipare gli orrori del mondo moderno, e di mostrare la corruzione della natura umana dovuti ai demoni che oggi abbiamo imparato ad accettare nella nostra quotidianità.

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